Territorio e Turismo

Ceggia: origini, cenni storici ... fino ad oggi

Cenni Storici In epoca romana il territorio di Ceggia era una zona vivace e produttiva, percorsa da un’arteria importante quale la via Annia, che collegava Padova, Altino e Aquileia. Con il declino dell’Impero le invasioni barbariche, l’abbandono della campagna e il graduale fenomeno di subsidenza, che apre le terre all’avanzata delle acque, ha inizio un lungo processo di decadenza che percorre tutto l’Alto Medioevo. Alle soglie del 900 d.C. dopo la devastante invasione degli Ungari la zona è invasa da paludi; la popolazione, alla ricerca di un sito più salubre, si ritira nella parte più alta del territorio: è in questo periodo che si colloca la nascita di Ceggia che, secondo la tradizione, deve proprio il suo nome al latino “cilia maris”, ovvero cigli, rive del mare, più verosimilmente l’origine risalirebbe alla storpiatura data nei secoli al nome “cesa” cioè taglio per la presenza di un vasto bosco planiziale. Per più di tre secoli il borgo segue la sorte oscura di una terra contesa tra diverse signorie tra le quali – per lungo tempo – quella dei da Camino, fino a che nel 1389 Ceggia entra nel dominio della Repubblica di Venezia; la Serenissima tuttavia, presa dai propri gravi problemi idraulici, non si preoccupa di bonificare le zone acquisite ma, al contrario, favorisce l’espandersi delle aree paludose che costituiscono per lei un baluardo difensivo nell’entroterra. Dobbiamo aspettare la fine del Settecento e poi l’Ottocento perché, prima sotto Napoleone, poi sotto l’Austria, si dia inizio ai lavori di bonifica e di sistemazione agraria, proseguiti poi dal 1866 con il Regno d’Italia grazie anche all’ingente intervento dei privati. Ceggia conoscerà da allora altri momenti difficili, connessi alla crisi della piccola proprietà, all’emigrazione, al diffondersi di malattie legate alla miseria che affliggeva un tempo le nostre campagne ma, sostanzialmente, era avviata ad un costante  ad essere oggi un piccolo ma attivo centro agricolo ed industriale.

Ceggia Oggi Ceggia, a mezza strada tra i fiumi Piave e Livenza, è situata sulla strada che va da San Donà a Portogruaro; oggi è una bella cittadina circondata da fertili campagne, ma come sopra accennato, un tempo era coperta da una selva lambita dalla laguna che separava la pianura dal mare Adriatico. Gli abitanti di Ceggia sono chiamati ciliensi, nome che deriva dal latino cilium, cioè ciglio, per la posizione della loro città ai bordi del mare. Anche Ceggia, come quasi tutte le città del Basso Piave, ha subito danni terribili durante l’autunno del 1917, nella Prima Guerra Mondiale. Ma la ricostruzione e poi i lavori della grande bonifica, riportarono il territorio ad un rinnovato benessere. La coltura della barbabietola fece sorgere a Ceggia un grande zuccherificio: oggi lo stabilimento non è più attivo, ma rimane come testimonianza dell’operosità anche industriale di questa terra nel corso del XX° secolo. Oggi Ceggia è conosciuta ed apprezzata per il suo Carnevale che da mezzo secolo porta a sfidarsi fra loro i vari rioni del paese, che si cimentano nella costruzione di variopinti carri allegorici di grande qualità e ingegno. La festa di Carnevale ha ormai innumerevoli estimatori italiani ed anche stranieri e ricorda in qualche modo il celebre Carnevale di Viareggio.

Turismo: Patrimonio artistico - architettonico - paesaggistico

Villa Loro

Epoca di Costruzione XIX  –  XX secolo. Caratteristiche architettoniche principali Il  complesso  architettonico è composto da due grandi edifici affiancati,  entrambi  con  la  facciata  principale  rivolta  a  nord. Dei  due,  l a  costruzione  più  recente  è  un  opificio  oggi in disuso,  costituito  da  tre  corpi  di  fabbrica  disposti  a  “U” rovesciata,  mentre  il  secondo  (vedi  foto)  è  l’edificio  più antico, che comprende la casa  padronale (corpo principale) di tre  piani  con  annesso  corpo  più  basso  che  si  sviluppa  poi  verso  sud  parallelamente  all’ex  stabilimento.  La  facciata principale  del  corpo  padronale  è  organizzata  secondo  lo schema  tripartito  tipico  del  palazzo  veneziano,  dove un’apertura centrale è affiancata da finestre in asse tra loro. Al  piano  nobile ,  i  fori  non  sono  architravati,  ma  richiamano l’impostazione  a  edicola,  conclusa  alla  sommità  da  una cornice  modanata  aggettante,  che  contiene  l’apertura archivoltata.  La  facciata  è,  inoltre,  chiusa  da  una  cornice  a dentelli sulla quale si imposta il tetto a padiglione.  Originari di Bassano, i nobili Loro si trasferirono a Motta di Livenza nel 1770. Acquistarono terreni anche a Ceggia e, nel 1802, la tenuta di Rivazancana.  Paolo Loro (1831-1905) fu sindaco di Ceggia per vari anni, seguito nella carica dal fratello Girolamo che fece costruire l’edificio del Comune. Lo stemma della famiglia raffigura un toro.

Villa Marcello Loredan Franchin

Epoca  di  Costruzione  Primo  impianto  XIII  secolo, successivi  ampliamenti  e  ristrutturazioni  tra  il  XV  e  il  XVI secolo. Caratteristiche  architettoniche  principali La  casa dominicale,  sviluppata  longitudinalmente, è  caratterizzata, nella parte centrale, dalla tradizionale tripartizione veneziana, con  centrale,  in  corrispondenza  del  quale  si  trova,  al  piano terra,  l’ingresso  principale.  Le  finestre,  architravate  e  con  il profilo  in  pietra  bianca,  presentano  davanzali  uniti  da  una fascia  continua  che  segna  il  prospetto.  Il  corpo  principale  è affiancato  da  due  strutture  di  tre  piani,  che  presentano aperture  archivoltate,  parzialmente  tamponate.  Il  complesso architettonico comprende oltre la villa, due barchesse (la barchessa staccata è stata recentemente restaurata) e due annessi,  tra  cui  spicca  una  pregevole  costruzione settecentesca e un ampio parco. L’edificio, vincolato Ex Legge 1089/39,  rappresenta  un  importante esempio di villa veneta di antico impianto,  e  risulta  quindi  una  testimonianza  architettonica della  presenza  di  nobili  famiglie  veneziane  nel  territorio  di Ceggia. E’ situata poco distante da Villa Loro.

Chiesa di Villa Franchin

Epoca  di  Costruzione 1668 e riedificata nel 1853. Caratteristiche  architettoniche  principaliLa chiesa, quale corpo  unico  con  la  villa,  è  un’armonica  costruzione  con campanile.  La  pianta  è  costituita  da  un’unica  navata,  dove all’interno  si  è custodisce  un’immagine  di  Maria  con  Gesù Bambino  di  scuola  veneta  del  XVI  secolo.  In  facciata timpano, mezzo rosone e   portale d’ingresso architravato. Il complesso edilizio risale alla fine del ‘600, che apparteneva alle suore del monastero agostiniano di Santa Maria degli Angeli di Murano, a seguito di una donazione di terre effettuata dal casato dei Da Camino agli inizi del XIII secolo. Il complesso, disposto ad elle, ospita nel lato più lungo la casa padronale e sull’altro le adiacenze. In posizione d’angolo si trova la cappella fatta erigere dalle Suore nel 1668; all’interno vi è un solo altare ed è custodita la bella immagine di Maria con Gesù Bambino, di scuola veneta del XVI secolo, quasi certamente fattavi pervenire da Murano dalla casa madre.

Villa Genovese - Bragadin

Epoca  di  Costruzione 1640, riedificata nel 1893. Caratteristiche  architettoniche  principali La villa è composta  da  un  corpo  principale  su  tre  piani  e  un  annesso laterale  contiguo,  sempre  di  tre  piani,  con  carattere  più rustico.  La  facciata  della  parte  nobile  della  villa,  presenta  lo stile del  “palazzo  veneziano”,  con  composizione  tripartita caratterizzata  da  un  asse  compositivo  centrale  in corrispondenza  dell’ingresso  principale.  Nel  parco  si  trova una vera da pozzo tardo – rinascimentale, datata 1591. È la più significativa  villa di campagna con brolo (luogo alberato)  esistente a Ceggia. La sua costruzione risale alla fine del 1500, e fu proprietà per oltre un secolo della nobile famiglia Loredan. Nel Settecento, Costantino di Paolo Loredan, del ramo di San Pantalon, morì senza eredi maschi, per cui la proprietà passò alla figlia Lucrezia che la portò in dote quando sposò, nel 1746, Piero Alvise Bragadin (Loredan Bragadin).  Pare che Costantino Loredan fosse legato a Ceggia se, come riportato nel libro parrocchiale dei morti, volle essere sepolto nella nostra chiesa. La villa divenne, in seguito, proprietà dei Lavena- Treves. Teresa Lavena sposò Augusto Genovese ed ecco l’ultimo nome della villa.

Oratorio Bragadin

Epoca  di  Costruzione Ricostruzione nel 1795. Caratteristiche  architettoniche  principali Adiacente alla villa Loredan Bragadin, più nota come villa Genovese, sorge l’oratorio, ricostruito nel 1795 come ricorda l’iscrizione sopra il portone d’ingresso. Marcantonio Bragadin riedificò dalle fondamenta nel 1795. Figlio di Piero Alvise, Marcantonio è sepolto nel suo interno, come ricorda una lapide nel pavimento fatta mettere in sua memoria dal fratello Costantino Maria. L’oratorio è stato ristrutturato una decina d’anni fa; contiene al suo interno un ciclo di affreschi di Giuseppe Bernardino Bison (1762-1844), artista attivo fra Venezia e Trieste, che con maestria ha saputo creare sorprendenti giochi di luce, fondendo mirabilmente l’architettura degli interni con la delicatezza dei soggetti pittorici proposti. La facciata, con timpano e segnata da  lesene con capitello  in stile  ionico, è  lineare. In origine, il piccolo edificio era stato eretto  accanto  all’omonima villa,  dal  nobile  Marco  Antonio Bragadin. Nel soffitto si può ammirare l’affresco Madonna in gloria e santi, Evangelisti e Virtù, mentre nel catino absidale la Trinità con il SS. Sacramento. Il ciclo pittorico dell’oratorio Bragadin si pone come un raffinato controcampo da camera al vasto affresco realizzato da Giambattista Canal nel soffitto della nostra chiesa parrocchiale, testimonianze della decorazione sacra veneta fra Sette e Ottocento. L’edificio, in  stile neoclassico,  presenta  un’unica  navata  centrale  con  cappelle laterali  e un  piccolo  abside  semicircolare  al  termine  della navata centrale, nella quale si possono ammirare gli affreschi attribuiti  a  Giuseppe Bernardino  Bison (1762- 1844).

Ponte Romano e via Annia Antica

Epoca  di  Costruzione I secolo d.C. Caratteristiche  architettoniche  principali Il ponte attraversava l’antico corso del fiume  Piavon e di esso rimangono le fondamenta  in  blocchi di arenaria provenienti dalle cave delle Prealpi Friulane, e le due testate. I resti furono trovati nel 1948, nel terreno di proprietà della famiglia Loro. I  blocchi in pietra arenaria, legati tra loro con malta, presentano  incavi marginali per “grappe” di ferro che dovevano assicurare maggiore compattezza alla costruzione. Le testate del ponte  sono conformate a cuneo secondo una tecnica usuale nel mondo romano usata al fine di  rompere l’impeto della corrente  ed evitare la formazione di vortici e rigurgiti. Il ponte formava tre arcate; gli archi, di cui nulla  rimane se non un blocco prismatico iniziale su cui  s’impostavano gli elementi  dell’estradosso, dovevano essere conformati a sesto ribassato. Nel 1949 in comune di Ceggia, in terreno di proprietà dei fratelli Girolamo e Paolo Loro, si scoprirono i resti dei due piloni e delle due testate di un ponte romano. Il manufatto è costruito in blocchi di arenaria, provenienti dalle cave delle Prealpi Friulane, di misure diverse, oscillanti tra un minimo di m 1,40 x 0,66 x 0,20 ed un massimo di m 2,80 x 0,80 x 0,30. Tali blocchi, legati tra loro per lo più con malta, presentano talora incavi marginali per grappe di ferro che dovevano assicurare maggiore compattezza alla costruzione. Le testate del ponte hanno uno sviluppo di m 6,20/6,10 x 9,00, i due piloni sono lunghi m 8 e larghi rispettivamente m 1,60 e m 1,70. Sono conformati a cuneo tanto a monte che a valle secondo una tecnica usuale nel mondo romano intesa da un lato a rompere l’impeto della corrente dall’altro a evitare la formazione di vortici e rigurgiti. Il ponte formava tre arcate: la corda della mediana misura m 8,25, quelle due laterali, rispettivamente, m 7,40 e m 6,75. Data l’ampiezza, gli archi, di cui nulla rimane se non un blocco prismatico iniziale su cui s’impostavano gli elementi dell’estradosso, dovevano essere conformati a sesto ribassato. L’intradosso, come da elementi reperiti nel corso dello scavo, era costituito da laterizi legati con malta. Il camminamento del ponte doveva avere una larghezza di m. 6 circa, tenuto conto della larghezza delle spallette di protezione, di cui si recuperò un elemento sagomato dello spessore di cm 40. Il ponte serviva il Canalat-Piavon, un corso d’acqua dall’andamento tortuoso, rettificato nella prima metà dell’800 ad opera del Regno Lombardo-Veneto. Si trovava lungo il percorso della via Annia il cui tracciato risulta tuttora visibile dalle fotografie aeree nel tratto dal torrente Grassaga sino a Prà di Levada (Località di Ceggia situata a pochi Km dai resti del ponte). Il  reperto  archeologico  testimonia  il passaggio, in tali territori dell’antica via Annia, strada commerciale romana. E’ un elemento architettonico che testimonia la storia più antica del territorio del comune di Ceggia

Chiesa parrocchiale San Vitale - Villa Morosini - Palazzo Carnielli

Epoca  di  Costruzione e Caratteristiche  architettoniche  principali Gli scavi effettuati nel 1985 per il rifacimento della pavimentazione della chiesa hanno permesso di ricostruirne la secolare storia.  Quattro furono le fasi costruttive precedenti l’attuale (del 1906 cappelle laterali). Ricordiamo che gli affreschi narranti il Martirio e il Trionfo di San Vitale. Lo sventramento dell’abside durante la Grande Guerra ha miracolosamente risparmiato il soffitto della navata centrale, il che permette al visitatore di poter ammirare il grande affresco che raffigura il Trionfo di San Vitale, che viene attribuito a Giovan Battista Canal (1745-1825), nipote di Canaletto.
Nella Chiesa inoltre, di notevole pregio, è il dipinto su tela Deposizione di Gesù dalla Croce di Paolo de Lorenzi da Soligo (1773-1806). In seguito fu aggiunto l’affresco dell’Immacolata Concezione (il dogma fu proclamato da Pio IX l’8 dicembre 1854).Una lapide, posta sopra la porta d’ingresso della navata destra, ricorda l’ultima trasformazione tra il 1871 e il 1873: fu invertito l’orientamento della chiesa e furono effettuate numerose modifiche all’edificio. I  bassorilievi paleocristiani della parete esterna della navata sinistra provengono dagli antichi edifici della vicina Eracliana – Cittanova, oggi non più esistenti.

Villa Morosini risale probabilmente al Seicento e fu donata dai proprietari al comune, con il legato preciso che venisse usata come canonica; infatti, è usata per questo scopo a memoria d’uomo.

Villa Carnielli La parte centrale della facciata, con timpano e poggiolo balaustrato, risale all’Ottocento, mentre il blocco di destra risale alla fine del Seicento, quando i Carnielli diedero inizio alla costruzione. Fin dall’inizio dell’Ottocento, il palazzo ospitava la farmacia.

Stele Daziaria

Epoca  di  Costruzione anno 1728. Caratteristiche  architettoniche  principali Intorno alla palada daziaria che, sul Piavon, presso le buche de Cigla controllava il traffico delle merci tra il Cenedese e il Veneziano, si formò un primo nucleo abitativo. Segno del transito e del dazio imposto per poter passare rimane la lapide di marmo con il leone di San Marco. Inciso su lastra è l’atto esecutivo (terminazione) emesso il 7 gennaio 1728 dai Provveditori alle Rason vecchie, magistratura che, fra le numerose competenze, aveva l’incarico di controllare gli uffici che maneggiavano denaro pubblico, tasse, decime, dazi…. Nella stele sono riportate le tariffe “del passo de Ceggia”: un pedone pagava un pedaggio di soldi piccoli 6; un uomo a cavallo 2 soldi; una carrozza 6 s., una sedia 4 s.; un carro 6 s.; animali di  piccola taglia, s. piccoli 10.

Piazza XIII Martiri - Palazzo Municipale - Monumento ai Caduti - Stele Funeraria

Epoca  di  Costruzione e Caratteristiche  architettoniche  principali La Piazza antistante il Municipio ha assunto l’attuale toponimo Piazza XIII Martiri l’8 maggio 1981. Dalla fine del 2004 nella ristrutturata Piazza Municipale 13 cippi commemorativi stanno a simboleggiare i partigiani che vennero sacrificati per rappresaglia in seguito all’attentato di Ca’ Giustinian a Venezia. Fra i 13, si ricorda il ciliense Angelo Gressani. Il Palazzo Municipale, inaugurato il 7 novembre 1912, fu una delle ultime opere dell’architetto veneziano Giovanni Sardi; promotore del progetto fu l’allora sindaco Gerolamo Loro, e l’opera fu realizzata dall’impresa Romolo Carnielli, che negli anni successivi costruì numerosi edifici pubblici del paese. Il Monumento ai Caduti è opera dell’architetto De Mori; il progetto, promosso dal Comitato per il monumento, ebbe inizio nel 1921 e fu inaugurato il 24 maggio 1922. Sulle 4 facce in marmo bianco sono incisi i nomi dei militari e di due civili caduti nelle guerre del Novecento. I 6 ordigni che ne fanno da recinzione sono pezzi originali della Prima Guerra mondiale. Attigua alla piazza municipale fu costruita la Piazza del mercato. Durante l’era fascista la piazza venne abbellita da due importanti edifici: nel 1935 la Scuola elementare “Maria Pia di Savoia”, edificio tuttora esistente anche se destinato ad altro uso, e nel 1939 la Casa del Fascio, divenuta Casa del popolo alla fine della II Guerra Mondiale, che fu abbattuta nel 1979. La Stele funeraria esposta in Municipio si presenta ad edicola con busti di due coniugi a rilievo è stata rinvenuta in un area agricola di via Noghera a Ceggia ed è databile agli inizi del I° secolo d.C. Nel riquadro alla base è visibile parte di una iscrizione che ricorda Publius Turillius figlio di Publius che fece fare da vivo il  monumento per sè e presumibilmente per la moglie: “P(ublius) Turillius P(ubli) f(ilius)/vivus sibi et…” La stele è visibile nell’atrio del Municipio di Ceggia.

Bosco Olmè (Comune di Cessalto)

Il sito si trova in Comune di Cessalto, appena oltre il confine del comune di Ceggia, è di particolare pregio. E’ inserito nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO ed è identificato dalla Comunità Europea quale sito di Interesse Comunitario con la codifica SIC/ZPS IT 3240008 (da Del. di G.C. n°64 del 07-06-2007). Il toponimo “Cessalto”, testimonianza delle lontane origini, è legato fortemente alla causa che lo ha generato: il bosco. Infatti l’etimologia del nome, nella sua duplice accezione di Caesus saltus (bosco tagliato) e/o di Cessus Saltus (bosco remoto), è strettamente collegata alla presenza in zona, fin dalla preistoria, di una fitta selva, progressivamente disboscata, a partire dall’età romana, per far sorgere il paese. Di quel complesso forestale planiziale, parte della Silva Magna o Fetontea, rimane in vita un residuo di circa 24 ettari di superficie, il bosco Olmé, di proprietà comunale, sottoposto a vincolo e protetto sia per la presenza di specie arboree autoctone e di relitti floristici risalenti alle oscillazioni climatiche degli ultimi millenni di storia naturale, sia per la significativa componente avifaunistica ed entomologica; infatti all’interno dell’area boschiva originaria sono state censite ben 90 specie faunistiche.