Unità di Apprendimento dedicata all'ex Zuccherificio di Ceggia.

Quest’anno le classi terze della SSI° “Marconi” di Ceggia sono state coinvolte in un’Unità di Apprendimento dedicata all’ex Zuccherificio di Ceggia.

Lo stabile, che ha costituito una parte molto importante nella vita della popolazione ciliense, attualmente versa in uno stato di decadenza ed abbandono, tuttavia rimane uno splendido esempio di archeologia industriale e quasi un simbolo della comunità cittadina.

Lo scopo dell’Unità di Apprendimento non è stato solo rendere edotti gli studenti della loro memoria storica, ma anche fornir loro strumenti per valorizzarla, integrando il passato nel presente in un “viaggio” verso il futuro. Si è cercato, inoltre, in quest’epoca complessa, di spronarli alla riflessione e di sensibilizzarli alla cura e alla conservazione della loro eredità storico – artistica.

Scendendo nello specifico, ai discenti è stato chiesto di fotografare la parte di binario dismesso ancora visibile nei pressi dello Zuccherificio. Tale compito è stato assegnato per permettere loro di ammirare un pezzo di storia passata, ma della quale sono rimaste testimonianze tali da far intuire“il piccolo mondo” che girava intorno a questa struttura adesso in disuso.

Oltre agli studenti, sono stati coinvolti anche famigliari e conoscenti: infatti, agli allievi è stato chiesto di cercare e intervistare persone che potessero spiegare – non come qualcosa di astratto e lontano nel tempo, ma come “memoria viva”-la storia e l’economia del paese quando lo Zuccherificio era in piena attività.

L’età delle persone intervistate è varia, perciò è stato possibile ricostruire diverse fasi della storia dello Zuccherificio:dagli inizi, passando attraverso la Seconda Guerra Mondiale, fino a giungere agli ultimi giorni di attività. Dalle interviste emerge il microcosmo vitale che ruotava intorno a questa struttura.

… e se lo Zuccherificio potesse parlare? Abbiamo pensato anche a questo: nella sezione “Lo Zuccherificio racconta” alcuni alunni hanno elaborato delle interviste fantastiche, nelle quali lo Zuccherificio racconta e si racconta! D’altronde ha quasi 100 anni, quindi ha molte storie da condividere: sul suo passato, sulle sue giornate, sulla sua solitudine, su cosa vorrebbe diventare…

Con questo lavoro si auspica di condividere con le nuove generazioni e diffondere nella comunità una conoscenza più approfondita su questo monumento di storia ciliense.

“LO ZUCCHERIFICIO RACCONTA”

“LE FOTO E LE MEMORIE”

“Quali erano i principali mezzi di trasporto che si dirigevano all’edificio ? E che cosa trasportavano ?”

“Le strade brulicavano di camion, trattori e rimorchi che portavano le barbabietole fino allo zuccherificio,nei canali erano molte le barche e i barconi provenienti dalle zone lagunari che erano destinate al trasporto dello zucchero o delle barbabietole; c’era anche una ferrovia, la quale oggi è in disuso, che era molto importante per la produzione dello zucchero. Inizialmente il treno era a vapore ed era composto da due a quattro vagoni, la maggior parte ricolmi piene di questo prodotto”.

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“Quando lavoravi la ferrovia era utilizzata o no ?”

“Si, era in utilizzo perché l’estate è il periodo perfetto per raccogliere le barbabietole e quindi il treno arrivava con i vagoni vuoti per poi ripartire con i sacchetti da 50 kg di zucchero.”

“Della ferrovia in funzione ho ricordi… Per esempio, i lunghi treni merci pieni di sacchi di zucchero che andavano dallo zuccherificio verso tutta Italia”.

Ti ricordi del trasporto delle barbabietole ?”

“Certo. Inizialmente le barbabietole venivano trasportate con i barconi che portavano anche il carbone e il sasso bianco che serviva per sbiancare lo zucchero. Successivamente, con i carri trainati dai buoi e i cavalli e, infine, con i trattori e i camion che trasportavano le barbabietole provenienti da varie regioni. Quest’ultima tipologia di trasporto fu praticata fino alla chiusura dello stabilimento”.

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“Inizialmente c’erano i barconi, infatti il ponte girevole ne garantiva il passaggio. Successivamente furono sostituiti con i camion e i trattori. Inoltre c’era anche un treno che portava le barbabietole direttamente nello stabile”.

“Lo sapevi che c’è ancora un residuo della ferrovia ? La ricordi funzionante ?”

“All’inizio c’era un trenino a vapore che prendeva le barbabietole dalla stazione centrale e le portava allo zuccherificio, trasportava anche carbone, croda. In seguito arrivò il treno a diesel che dallo zuccherificio alla stazione portava lo zucchero in sacchi contenenti un quintale ciascuno”.

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“Hai qualche ricordo in particolare di cui vorresti raccontarci ?”

“Mi ricordo che quando arrivavano i barconi pieni di barbabietole, a 10 cm fuori dall’acqua, gli operai con i forconi e le gru le caricavano nel carrello e le appoggiavano su vasche piene d’acqua per poi essere trasportate in fabbrica,tagliate e pronte per la lavorazione. Anche il carbone e la croda venivano trasportate con le gru dai barconi con i carrelli. La croda andava nel forno calce, veniva cotta e con quella si poteva sbiancare lo zucchero.”

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“Quando hai lavorato lì, la ferrovia funzionava o era già in disuso?”

“Per il lungo periodo che ho lavorato allo zuccherificio la ferrovia c’è sempre stata, ed ha funzionato fino alla chiusura dello stabilimento. Mi ricordo che i binari attraversavano la S.S. Triestina e quando passavano i treni merci c’erano dei cancelli che venivano chiusi e le automobili non potevano passare”.

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Hai mai visto le barche che trasportavano le barbabietole sul Piavon ?”

“Non ho mai visto le barche che trasportavano le barbabietole sul canale Piavon. Le barche venivano usate per trasportare le barbabietole fino agli anni ’50, ma mi hanno raccontato che c’erano i nastri trasportatori che le portavano dalle barche all’interno dello zuccherificio nel deposito”.

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Come cambiava la vita in paese quando iniziava la stagione ?”

“Mi piaceva quando c’erano i camion e i carri trainati dai cavalli o buoi che portavano le barbabietole, la sera facevano la fila fuori dallo zuccherificio quasi fino in piazza”.

“Quando iniziava la stagione, nel paese c’era moltissimo traffico con tanto movimento. Si percepiva un senso di benessere tra i cittadini, i camionisti, poi, lavoravano tantissimo. Si formava un ambiente di pace e serenità: c’era molto movimento nei bar, le locande cucinavano per i camionisti, all’uscita dello zuccherificio i lavoratori si fermavano a chiacchierare e scambiare due parole, stanchi ma felici. Insomma, Ceggia si riempiva di gente e allegria”.

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“Quando iniziava la campagna saccarifera era un evento che coinvolgeva tutto il paese. Centinaia di trattori e camion si allineavano in Via Dante e in Via Piavon, in attesa di scaricare le barbabietole. Questo era un invito irresistibile per i bambini che cercavano di rubare le barbabietole, ottime per alimentare conigli, anatre e altri animali da cortile”.

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“Non c’era un atmosfera particolare, ma c’erano degli odori particolari. Erano un misto di terra, polpe e dopo qualche giorno si aggiungeva l’odore dolciastro dello zucchero in lavorazione”.

Eravate fieri di avere uno zuccherificio in paese ?”

“Sì, eravamo molto fieri e orgogliosi di avere questa fabbrica in paese, soprattutto perché dava lavoro a molti ciliensi. C’erano circa 70 addetti fissi e per la stagione altri 200 operai circa, tra cui anche tanti studenti”.

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“Tutto il paese era ed è fiero di avere uno zuccherificio perché a Ceggia c’erano tante famiglie povere, che riuscendo a lavorare nello zuccherificio sostenevano la famiglia. Inoltre 80 persone lavoravano tutto l’anno, ma da Agosto ad Ottobre più di 300 di persone lavoravano al suo interno. Molte di queste 300 persone erano studenti che lavoravano per pagarsi l’università”.

Lo zuccherificio era una grande risorsa per il paese ?”

“Lo zuccherificio era molto importante, una vera e propria risorsa per il paese perché dava lavoro a molte persone,offriva la possibilità ai giovani di farsi la “gavetta” ed era situato in una bella posizione che attirava molti compratori”.

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Hai qualche ricordo particolare legato allo zuccherificio ?”

“Mi ricordo che mio marito, che all’epoca era il mio fidanzato, mi veniva a salutare dalla rete della recinzione e, a fine turno, mi veniva a prendere con il motorino per accompagnarmi a casa”.

“Mi ricordo che, quando ero all’insaccamento, facevamo a gara con le altre coppie per vedere chi insaccava in un ora più zucchero (questo avveniva quando i silos erano pieni).Il record apparteneva a me e al mio compagno che avevamo preparato ben 414 sacchi,anche se la media oraria era di 350 !!”

“Lavoravo alla mensa e mi divertivo molto a guardare il volto delle persone, di ogni tipo, quando venivano a ritirare il proprio pasto: le persone più anziane, appena finito il turno, arrivano stanchi morti in mensa, invece i giovani appena assunti erano tutti raggianti e pieni di energie, infine le persone un po’ più serie avevano un passo più tranquillo e non erano stressate in confronto ad altri”.

“Non ho solo un ricordo, ma ne ho tanti, è tutto un ricordo, un’emozione…. perché ho passato quasi 30 anni a lavorare allo zuccherificio. Mi vengono in mente le caldissime giornate d’estate, quando lavoravamo in pantaloncini corti, petto nudo e ciabatte ai piedi, ed il suolo aveva una temperatura di quasi 50 gradi!!! Un ricordo ben impresso nella mia mente è l’odore dello zucchero, che ormai il mio naso era abituato a sentire e per me era un odore naturale, mentre la popolazione di Ceggia lo sentiva molto bene nel periodo delle campagne saccarifere perché era intenso e forte”.

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Ti ricordi qualche aneddoto divertente occorso durante il lavoro ?”

“Lavoravo nel magazzino dove c’era una grande stufa a carbone che accendevamo quando faceva freddo; nei primi anni di lavoro veniva una signora a ricucire i sacchi che si erano bucati. Una volta di pomeriggio, era il periodo di Carnevale, è arrivata portandosi da casa tutto l’occorrente per friggere le fritoe”.

“Un giorno durante il turno di pulizia di notte abbiamo fatto uno scherzo a quelli che insaccavano, nascondendo tutti i sacchi, il capo produzione il giorno dopo era furioso”.

“Ogni tanto gli addetti all’insaccamento, per scherzo, mandavano giù dei sacchi riempiti d’aria, anziché di zucchero, era difficile distinguerli e la maggior parte delle volte, credendo di contrastare il peso, si finiva a gambe all’aria.”

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Qual è il ricordo più bello legato allo zuccherificio ?”

“Il pensiero più bello va sicuramente all’ambiente lavorativo: trovarsi la mattina con gli amici e rivedersi alla pausa pranzo tutti insieme era quasi come stare in famiglia”.

“Un momento che mi ha reso molto felice e mi ha fatto ricordare quei periodi è quando, grazie a mia figlia che conduceva i suoi studi universitari, sono tornato nella sede di Genova dell’Eridania dove avevano luogo le contrattazioni prima di ogni campagna lavorativa”.

“Tra i momenti più belli ricordo soprattutto quando la stagione terminava e tutti i dipendenti passavano una giornata assieme dentro allo stabile a festeggiare la fine della campagna. Poi, alla fine dell’anno avevamo una giornata pagata per festeggiare tutti assieme Capodanno. Un altro momento che ricordo bene è quando ogni anno, prima di iniziare a lavorare, ci convocavano tutti a Genova per partecipare a una contrattazione di aumenti, paghe, premi e cambi di livello”.

“Ho tanti bei ricordi… c’era rispetto reciproco fra tutti gli operai e i capi. Una volta dei meccanici, io e tutto il resto dei colleghi cenammo insieme. I meccanici uccisero delle oche, io le cucinai e i colleghi portarono vino e altre bevande”.

“Mi mancano moltissimo le mie due colleghe con cui ho passato dei bellissimi momenti insieme. Una di queste era disabile, un fatto che mi faceva sempre divertire era quando la ragazza mi ordinava cosa dovessi fare. Oltre a questo, altri bei momenti li ho passati quando alla sera andavo a distribuire dei cestini con il cibo per chi faceva i turni di notte”.

“Il mio ricordo più bello è stato intanto la mia esperienza lavorativa “seria”. Diciamo soprattutto era esaudire un sogno, che tutti avevamo a Ceggia che era quello di andare a lavorare allo zuccherificio, perché comunque quando eri bambino ti mettevi a guardare questi camion che entravano, tutte queste barbabietole, tutto questo gran d’affare che c’era per lavorare le barbabietole, per poi produrre lo zucchero e quindi c’era un po’ la curiosità, e perciò quando sono riuscito e anche i miei amici ad andare a lavorare allo zuccherificio è stata una bella esperienza”.

Hai mai assaggiato lo zucchero mentre eri al lavoro ?”

“All’inizio della stagione lo zucchero poteva sembrare una leccornia, ma dopo pochi giorni di lavoro, diventava solo una cosa appiccicosa da togliersi di dosso il prima possibile.”

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Il periodo passato allo zuccherificio è stato importante per la tua vita ?”

“Quel lungo periodo è stato molto importante per me; avevo un buon posto di lavoro, avevo un buon stipendio, perché guadagnavo molto bene, ero vicino a casa, comodo ed andavo al lavoro in bicicletta, quindi risparmiavo tempo e soldi per l’automobile”.

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“La mia routine cambiava molto, avevo una figlia di 1 anno a casa e dovevo lasciarla a casa con gli altri fratelli e sorelle. Inoltre c’erano anche i turni notturni. Lavoravo tante ore lontano da casa ed avevo molti impegni a causa della mia grande famiglia. Dovevo organizzare lavoro, famiglia e altri impegni. Però, in compenso, ritiravo una bella busta paga con cui potevo comprare e fare cose che nel resto dell’anno non potevo”.

“Mi ha insegnato che lavorare è bello, mi ha fatto scoprire cose nuove, ho incontrato tante persone e anche un modo per crescere dal punto di vista professionale e umano, e anche di coronare un sogno che era quello di entrare e vedere come funzionava e sono stato felice di fare questa esperienza”.

“Chiaramente tutto era nuovo, a cominciare dal tipo di lavoro. Ero stato assunto come operaio addetto alla manutenzione della centrale elettrica della fabbrica. Conobbi i miei nuovi colleghi, uno lo conoscevo già di vista. Mi accolsero bene insegnandomi il nuovo lavoro. In particolare un collega era veramente simpatico e perciò siamo restati in contatto anche dopo la chiusura dello stabilimento. Purtroppo però lui ci ha lasciato con la prima ondata del covid”

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Torneresti a lavorare allo zuccherificio ?”

“Tornerei molto volentieri a lavorare allo zuccherificio. Eravamo un bel gruppo di persone ed andavamo tutti d’accordo tra noi; poi io ero libero di gestirmi il mio lavoro”.

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“Sì, anche perché nel tempo, con la professionalità che avevo acquisito in quel luogo, ho avuto difficoltà a trovare un’azienda specifica che potesse reintegrarmi, poiché io ho avuto sia una responsabilità civile che penale.”

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“Quanti soldi guadagnavi ?“

“All’inizio, negli anni ’70, guadagnavo meno di 100 mila Lire (circa 50 euro d’oggi), alla fine più di 2 milioni di vecchie Lire (circa 1.000 euro d’oggi)”.

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“Lo stipendio era adeguato, anche perché, facendo i turni, alle festività c’era una maggiorazione dello stipendio, inoltre ogni volta che terminava la campagna mi venivano dati anche i soldi della liquidazione. Lo stipendio mensile ammontava a 1.200.000 lire al mese”.

Cosa hai comprato con il tuo primo stipendio ?”

“All’epoca lo stipendio si versava in famiglia, non c’era ancora il consumismo tipico degli ultimi decenni”

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.”L’ho consegnato a mia madre. Però mi sono anche pagato le rette scolastiche della scuola privata Brandolini”.

“Gli stipendi dal 1963 al 1965 li consegnavo al mio papà, che mi dava la “paghetta”. Quello che riuscivo a risparmiare lo mettevo da parte per sposarmi: quando mi sono sposato nel 1966 a fine mese non mi è rimasto niente”.

“Il mio primo stipendio l’ho risparmiato per dei progetti futuri, in modo da non dover dipendere dai miei genitori”.

“In quel periodo stavo costruendo casa, quindi i primi stipendi li ho risparmiati per la costruzione”.

“Con il mio primo stipendio mi sono pagata un anno di tasse universitarie”.

“Allora,in parte ho messo via il denaro per il futuro, in parte l’ho usato per mantenere la moto”.

“Diciamo che il lavoro all’ “Eridania” non è stato il mio primo lavoro, infatti prima lavoravo in un altro stabilimento. Però ti posso dire che con i primi stipendi mi sono regalato una mountain bike nuova e mi sono fatto un bel viaggio all’estero”.

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Per caso ha partecipato anche Lei agli scioperi contro la chiusura dello zuccherificio ? Com’è stato ?”

“Nei periodi di richiesta di chiusura ero membro del consiglio di fabbrica e nella fase più dura della vertenza (82-84) abbiamo fatto l’occupazione della fabbrica per salvaguardare lo zuccherificio, ciò ci aveva creato anche grossi problemi per la gestione di questa iniziativa. Inoltre nel 1989 sono andato a Roma protestare e ad esprimere le ragioni per cui lo zuccherificio rimanesse aperto”.

“Ho cercato di partecipare a più scioperi possibili ed è stata dura: ogni volta avevo l’ansia che lo zuccherificio chiudesse definitivamente, cosa che poi, purtroppo, è accaduto”.

“Nonostante tutte le proteste fatte, non si poteva fare altro perché noi non avevamo potere: hanno deciso tutto i politici”.

“Chiaramente gli scioperi sono stati una conseguenza quando si è diffusa la notizia che “Eridania” avrebbe venduto lo stabilimento ad un’altra società concorrente, l’emiliana “Coprob”. Noi dipendenti sapevamo che quella società era una piccola realtà non in grado economicamente di mantenere in vita il nostro stabilimento. Ricordo che abbiamo fatto due grandi manifestazioni a Ceggia e altre in altri paesi limitrofi, ricordo a Portogruaro ed anche sul piazzale della stazione delle ferrovie a Venezia santa Lucia. Le manifestazioni servivano per attirare l’attenzione sul nostro problema, su noi lavoratori che perdevamo il nostro lavoro, ma anche sul fatto che molti stagionali non avrebbero più avuto il loro reddito appunto, stagionale. Considera che molti che venivano assunti per la stagione erano studenti universitari i quali si pagavano le spese di libri e studio proprio con quel lavoro. Resta il fatto e l’amarezza che lo sciopero, anzi gli scioperi, non sono serviti a nulla perchè quando la multinazionale aveva deciso nessuno è riuscito a farla tornare sui suoi passi. A distanza di vent’anni esatti (la chiusura risale all’anno 2001) possiamo dire che la comunità europea ha comunque centrato il suo obiettivo che era chiaro fin da subito, e cioè di eliminare l’industria saccarifera in Italia per favorire Germania e Francia, dove oggi si produce la maggior parte dello zucchero europeo, lasciando all’ Italia le briciole. Ma questo è un discorso politico che forse è più grande di noi. Ricordo il titolo di un articolo uscito su un giornale all’epoca…. diceva “ A Ceggia lo zucchero è amaro” considerando che dalle bietole prodotte nel nord-est italiano si ricavava il miglior zucchero prodotto in tutta Europa”.

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Anche se non ci lavoravi, come e quando venne annunciata la chiusura e come l’avete vissuta ?”

“Pur non avendoci lavorato, ci sono tanti ricordi che non si possono descrivere del periodo dello zuccherificio, ma quello che mi ha particolarmente colpito era vedere la gente sempre unita, pronta ad affrontare le grandi difficoltà che nel tempo arrivavano; e la felicità quando le sirene dello zuccherificio suonavano al raggiungimento del traguardo dei quintali di zucchero prodotto”.

“In paese c’era molta ansia quando vennero annunciate le chiusure, prima di tutto perché i lavoratori stagionali erano tanti e soprattutto giovani . Il parroco organizzava delle manifestazioni in piazza nelle vie principali per protestare contro la chiusura, ma fu tutto inutile”.

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“Nei vari anni dello zuccherificio, quando annunciavano le chiusure, c’era molta preoccupazione, perché molte famiglie sarebbero rimaste senza lavoro, e tutti gli operai erano molto uniti nel cercare di convincere Eridania a cambiare idea. Nel 2001, all’annuncio della chiusura definitiva dello zuccherificio, c’era molto rammarico: dopo aver lottato per anni, l’Eridania aveva vinto. Il nostro zuccherificio aveva uno zucchero raffinato: il migliore di tutti”.

“Mi è dispiaciuto perchè dava lavoro a molte persone e perchè era un simbolo del nostro paese. Vi sono stati, tuttavia, anche degli aspetti positivi nella chiusura dello stabilimento: infatti per circa due mesi all’anno le code di camion intasavano le vie del paese e l’odore acre della produzione si diffondeva in tutto il circondario”.

“Che cosa hai provato quando lo zuccherificio è stato chiuso ?”

“Mi sono sentito molto dispiaciuto perché avevo dei bei ricordi riguardanti lo zuccherificio, ma soprattutto perché dava la possibilità a tutti di lavorare in estate”.

“Quando l’Eridania decise di chiudere lo stabilimento fu un duro colpo per il paese di Ceggia. Lo zuccherificio era una fonte di reddito per tante famiglie e per tanti giovani studenti. La chiusura non fu di certo una gioia”.

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“Mi si stringe il cuore solo a pensarci e, ogni volta che ci passo davanti, mi sembra di rivivere il momento della chiusura, quando tutta Ceggia era sconvolta visto che lo zuccherificio ospitava sia giovani in lavori stagionali per pagarsi l’università, sia persone adulte con lavoro stabile”.

“Molta amarezza e sconforto perché si lavorava un prodotto di cui la nostra campagna aveva bisogno visto che era molto ricercato. Il nostro stabilimento era molto piccolo rispetto agli altri, anche se lo zucchero prodotto era tra i miglior d’Italia perché la raffinazione avveniva a mano, e non con le macchine come negli altri”.

“Una grossa ingiustizia perché era l unico impianto inserito in un area agricola immensa che al momento della chiusura la zona agricola produceva un ettarato di barbabietole pari a 20milioni di quintali di barbabietole di ottima qualità compatibile con gli standard europei”.

“Prima di tutto, come ci è rimasto quando lo zuccherificio è stato chiuso ?”

“Ho provato un gran senso di dispiacere e tristezza visto tutti gli anni che ho passato lì”.

“E’ stata una brutta cosa per tanti motivi. Innanzitutto perchè personalmente avrei perso un lavoro che mi piaceva, che mi avrebbe permesso di fare sicuramente una bella carriera e che era proprio nel mio paese. Poi c’è stata molta amarezza in quanto abbiamo notato che molte persone, le quali venivano alla fabbrica a lavorare durante la stagione, hanno reagito con indifferenza alla chiusura, anzi molte erano addirittura contente perchè nel paese di Ceggia sarebbe sparito quel fastidioso odore estivo”.

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“Quando lo zuccherificio ha chiuso, sono rimasta molto dispiaciuta visto che era parte della storia di Ceggia, aveva dato lavoro a moltissime persone sia giovani che di età più matura. Era anche un ottimo aiuto per chi aveva bisogno di tirarsi su economicamente in quel periodo. Un’altra cosa che mi manca molto è che durante i periodi di attività dello zuccherificio periodicamente le strade si riempivano di trattori pieni di barbabietole e le strade diventavano inagibili.

“Ti è dispiaciuto quando ha dovuto chiudere, o lo consideravi un’attività come le altre (fabbriche,imprese,aziende…) ?”

“Si, mi è dispiaciuto molto, perché non era un azienda qualsiasi, ma una grande azienda che dava lavoro a moltissime persone. Inoltre era un’attività con una grande importanza in quanto Ceggia era conosciuta dalle altre città proprio come “il paese dello zuccherificio”.

“Cosa ti piacerebbe accadesse ora, dopo anni di inattività, allo zuccherificio ?”

“Dopo la chiusura, il tempo e la natura si sono appropriati di quel che restava dello zuccherificio. Ora le enormi vasche di sversamento sono diventate vere e proprie oasi naturalistiche, ricche di fauna selvatica e tappa obbligatoria di parecchi uccelli migratori. Se solo potessi, costruirei una passerella in legno, sopra gli argini per l’intera circonferenza del sito. La distanza dal fondo vasca non creerebbe alcun disturbo agli animali. Farei poi una Guest House all’entrata dove poter pagare un piccolo pedaggio per accedere al percorso.”

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“Come vorresti che venisse riqualificato ?”

“Vorrei che venisse riqualificato con un’altra attività produttiva, visto l’estesa area che ricopriva lo stabilimento”.

“Adesso, a vedere che lo stabilimento sta cadendo in pezzi, provo nostalgia. Secondo me dovevano optare per mantenere la struttura come un museo che va ricordato nel tempo, anche perché è patrimonio tutelato.Ci sarebbero tante cose che si potrebbero fare in quell’area, ma in particolare sarebbe bello recuperare la struttura come sede universitaria e raccoglierne la storia, in modo che tutti possano comprendere che in quel luogo molte famiglie hanno dato la loro vita a favore del paese.”

“Mi fa piacere che il ricordo dello zuccherificio rimanga vivo perché era un posto di lavoro importante e utile per tante famiglie, ma vorrei anche che venisse trasformato in un museo della vita contadina, perché lo zuccherificio è una costruzione bellissima e importante. Una volta nella vita di campagna era più utilizzata la manodopera, cosa che oggi non accade più a causa dei trattori e dei camion”.

“Ti sembra strano pensare che in un piccolo paesino come il nostro sia presente un monumento tutelato dai beni culturali ?”

“Si, è strano per me che lo ritengo una struttura normale perché l’ho sempre vista, però lo ritengo una cosa bella che certe tutele tengano a cuore il passato di un paese come il nostro”.

“Pensi che la storia e le avventure dello zuccherificio vadano divulgate in un modo più ampio, per esempio insegnando la storia dello zuccherificio fin dalla scuola primaria, in modo da rendere noto a tutti (magari anche persone di altri città) questo magnifico edificio, ed il privilegio che abbiamo nell’averlo nella nostra città ?”

“Lo zuccherificio è stata una realtà lavorativa e di sviluppo per il nostro paese, per questo motivo ritengo che vada ricordato come un simbolo della nostra città”.

“Avresti mai pensato di essere intervistato per il tuo lavoro allo zuccherificio ?”

“Sinceramente, dopo 46 anni non avrei mai pensato di essere intervistato sullo zuccherificio di Ceggia”.

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“Quale è il tuo stato d’animo a rispondere alle mie domande sullo zuccherificio ?”

“Sono contento che tu abbia pensato a me per questa intervista, e mi sento emozionato perché mi ricordo la mia giovinezza passata nello stabilimento”.

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Gli Alunni delle Terze Classi dell’Istituto Comprensivo “Guglielmo Marconi” di Ceggia